Fran Allen, Consuelo e Mariaurora conquistano i cuori a Casa Naima
“Inizio e finisco sempre nell’utero del buio.”
Questa immagine mi sta bussando alla testa continuamente, da quando, ieri sera, alla libreria Casa Naima di San Giorgio Del Sannio, ho assistito alla presentazione/spettacolo del libro “URLO – poesie contro”, opera di Francesca De Michele (in arte Fran Allen Zimmerman), Consuelo Giangregorio e Mariaurora Terlizzi, edito da Introterra.
La raccolta, scritta nell’ambito del progetto di poesia di strada “Attacchi di/Versi”, è un omaggio all’Urlo di Allen Ginsberg, richiamandone l’intensità, la ferocia e la potenza: “Siam voci riaccese per chi muore in mare, a terra, dietro le sbarre dell’indifferenza sociale”.
Tutto ha assunto, fin dall’inizio, la sacralità di una liturgia, precisa e solenne, di candele accese dal passaggio della fiamma d’anime in fuoco contro un sistema senza pace, ossessionato e devastato dalle guerre sbagliate, senza tracce di riscatto.
Le tre donne, vestite di nero e forza, hanno disegnato nello spazio percorsi trasversali, tra gli occhi, le orecchie e i cuori dei presenti, accompagnate da un silenzio che pareva religioso, di tensione amorosa e d’odio, interrotto da applausi scappati con violenza dalle mani. Prima di compiere l’atto poetico, da un raccoglitore centrale, come si trattasse di un’acquasantiera purificatrice, le muse della verità hanno attinto alle lacrime dell’universo, per bagnare le parti esposte dei loro corpi e prepararsi alla nuda vulnerabilità di racconti rivelati al mondo, come privatissimi segreti da urlare sui distratti pensieri dell’oggi.
Non c’è scampo: lo spettatore o è dentro o è fuori.
Le ferite di ciascuna autrice sono state aperte, ancora vive, a mostrare, senza timore, il sangue del mondo.
Senza prendere fiato, hanno recitato la preghiera al contrario del “padre mostro” che non è nei cieli, a cui viene sottratto lo scettro della scelta sui corpi delle donne, riconsegnandolo ai grembi stessi: “sia fatta solo la nostra volontà”; hanno mostrato il volto delle “nuvole sparse” e “nere” gonfie di una “violenta tempesta di rabbia”, sotto la quale “chi si ferma non è perduto. Chi si ferma è stanco”; hanno sollecitato le coscienze assopite con l’interrogativo ossessivo, che torna a nascere intero, dell’essere o non essere – essere o non essere-essere o non essere- Essere? O non essere? Hanno dichiarato la loro fede: “credo nell’ira femminile scatenata in Iran contro la repubblica islamica”, e suggerito un sigillo di integrità: “non chiederti più m’ama o non m’ama? Odia chi ti opprime e lotta ad occhi aperti per sempre.”
La performance delle giovani donne non si limita, dunque, ad un semplice atto di ribellione stilistica o sintattica, è un vero e proprio atto di ribellione poetica, che non ha niente a che vedere con la superficie delle cose, ma segna solchi profondi nelle coscienze sociali, crea contaminazioni di pensiero, consapevolezze d’animo, rigetti di squallore.
Il progetto viene definito dalle autrici “una chiamata d’azione, d’urgenza sul disagio sociale, sul degrado umano.”
Solo attraverso una pandemia di luce, diffusa da distillati di verità come questi, possiamo sperare di partorire un sano futuro.
Emi Martignetti