“Pride is a riot! “è una frase divenuta celebre e ricorrente durante il mese dell’orgoglio omosessuale. Si tratta di un’esortazione a ricordare la natura e l’origine di quello che chiamiamo Gay Pride in Italia: una protesta rabbiosa fatta per ricordare alla società che siamo orgogliosə di essere natə LGBT+ e che decidiamo noi come usare il nostro corpo. Le proteste e gli scontri allo Stonewall Inn di New York nel giugno del ‘69 si svilupparono proprio perché le persone LGBT+ erano stanche delle continue retate della polizia che picchiava, scherniva e arrestava chi indossasse vestiti diversi da quelli assegnati al proprio genere o avesse comportamenti non idonei alla società. La protesta del Pride non è solo riferita al trattamento da parte delle forze di polizia, ma anche e soprattutto al clima di odio, emarginazione e violenza imposto da una società normalizzante costruita attorno alla figura del maschio bianco di successo.
Ancora oggi, questa visione si impone sulle nostre vite e si articola in maniera subdola. Basta pensare alla continua appropriazione dei simboli di lotta LGBT+ da parte di aziende e organizzazioni impegnate ad accattivarsi la simpatia di noi lesbiche e gay esponendo un arcobaleno sul proprio logo per distogliere l’attenzione dalle pratiche di sfruttamento dei lavoratori nei paesi non occidentali, e dalla continua distruzione del pianeta, perché tanto sono a favore dei gay. Questo si chiama rainbow-washing, e va di pari passo con le raccomandazioni che ci vengono fatte dai “moderati” che ci ricordano – dalla loro posizione di privilegio – che i diritti si ottengono senza esuberanza, in giacca e cravatta. Inoltre, assistiamo all’atteggiamento di tolleranza di politici e, spesso, dei nostri familiari e amici, nei confronti di una chiesa che non perde occasione per ricordare che, loro, hanno il diritto di odiare i gay, così come hanno fatto nei secoli scorsi.
In questo clima violento e prevaricatore, il Parlamento italiano ha iniziato un timido riconoscimento delle questioni di genere con una proposta legislativa che discuteremo, tra le altre cose, sabato 26 giugno a Benevento. Parleremo delle nostre esperienze e delle nostre posizioni con l’obiettivo di stimolare un dibattito pubblico sulle questioni che devono essere trattate in maniera critica per promuovere i concetti di convivenza e società civile. Ci vediamo sabato 26 giugno alle 17:30 a piazzetta Vari/Piazza Arechi II a Benevento. Appuntamento con “Pride is a Riot” e con “Potere al Popolo”.
«Durante l’inverno e i mesi di zona rossa – scrive la sezione sannita di “Potere al Popoloe” – abbiamo organizzato dibattiti online per parlare dei temi che ci stavano a cuore e che meritavano di essere affrontati. Con l’estate è arrivato il momento di abbandonare gli schermi e incontrarci in piazza. Saranno con noi Alessia Peca, esperta di queer e femminismi, Federica Ottombrino, cantautrice e mamma arcobaleno, Irene Galuppo dell’Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo».
Mattia Boscaino
Foto di Alessandro Caporaso