Il 7 giugno 2023 si è svolta la presentazione dei 12 autori in gara e la proclamazione della cinquina dei finalisti. La cornice del Teatro Romano, come sempre spettacolare e romantica, ha conquistato i dodici candidati della 77ª edizione del Premio Strega, molti dei quali hanno confessato di aver già lasciato parte del loro cuore in questo posto incantato.
In attesa della presentazione degli autori e dei loro testi e della proclamazione dei cinque finalisti, il sindaco Mastella ha salutato il pubblico e gli ospiti, definendo la manifestazione in corso un “bene-evento culturale” ed affidandosi alle mani giunte dei credenti presenti, per scongiurare la pioggia che pareva imminente. Per fortuna il tuono che ha seguito le sue parole non è stato presagio di tempesta. Ha, inoltre, proposto una iniziativa che coinvolge le scuole: dodici autori per dodici mesi, formula che prevederebbe l’incontro ogni mese, da parte di uno alla volta dei dodici candidati, con gli allievi della città.
Il giornalista Stefano Coletta è entrato subito nel vivo della narrazione e ha introdotto i primi tre ospiti con i rispettivi tre libri. La prima ad essere presentata è Silvia Ballestra, con il libro “La Sibilla. Vita di Joyce Lussu”, edizioni Laterza. La ricerca della scrittrice è biografica, sulla vita e la storia della traduttrice, poetessa e partigiana Joyce Lussu, che nel 1966 ha ottenuto la medaglia d’argento al valore. Centrale, nel libro, anche il ruolo svolto dalla sua famiglia, tutta impegnata nella lotta al nazifascismo. La Ballestra ha deciso di darle il titolo di “Sibilla”, in quanto unica donna che ha approfondito con ricerche la figura storica della Sibilla Appennina e ne ha fatto un’interpretazione propria, indentificandola come modello alternativo di visione amministrativa.
È giunto, poi, il turno di Maria Grazia Calandrone e del suo libro “Dove non mi hai portata”, edizione Einaudi. Il romanzo è autobiografico e intenso. L’autrice, nel giugno del 1965, viene ritrovata a soli otto mesi in una coperta, abbandonata sul prato antistante Villa Borghese a Roma. La madre e il padre l’hanno sottratta ad un destino ancora più crudele, non avendo retto alla storia di cui si sono ritrovati protagonisti, vivendo una condizione di emarginazione e persecuzione, avendo sua mamma abbandonato il tetto coniugale, dopo essere stata costretta ad un matrimonio combinato, infelice e violento, ed essendo andata a vivere ai margini con il suo nuovo compagno, padre dell’autrice. I due amanti hanno compiuto un gesto di resa, consegnando alla compassione del mondo il frutto del loro amore, per poi uccidersi, gettandosi nelle acque del Tevere. “Ho scritto questo libro per essere più indulgente con i miei genitori”, dichiara la Calderone, che aggiunge di aver fatto un grande sforzo per non sovrapporsi e sostituirsi emotivamente a sua madre, avendo compreso benissimo i suoi stati d’animo e le sue reazioni, ma avendo mantenuto, quanto più possibile, un’obiettività e un distacco, che le consentissero un resoconto della storia fedele, riconsegnandole tutta la sua ferocia.
È Andrea Canobbio, ora, a prendere la parola, rivelando i temi de “La traversata notturna”, edito da La nave di Teseo. Anche questa una scrittura intima resa pubblica, un lavoro di ricostruzione della storia di suo padre, uomo che egli ha sempre conosciuto attraverso il filtro deformante della sua depressione, per poi riscoprirlo, attraverso 400 lettere d’amore scritte dall’uomo a sua madre prima del loro matrimonio, in qualità di persona del tutto diversa. La passione per il suo lavoro, la sua luminosa e viva storia d’amore, hanno mostrato le luci che erano state del tutto oscurate dal suo stato psico-emotivo patologico, che ha subito una gravissima ingiustizia di giudizio: è stato sempre considerato una debolezza e non una malattia. Da qui la visione per niente veritiera e del tutto semplicistica della figura della madre, rappresentata come immagine della perfezione, contrapposta specularmente alla considerazione di lui, limitato a rappresentare la sua nemesi, il suo opposto, la sconfitta, la riproduzione bidimensionale di una sofferenza dalle profondità devastanti.
Attraverso la riabilitazione della figura paterna, l’autore ha voluto ripristinare l’equilibrio della storia della sua genesi.
È giunto, poi, il momento più emotivamente difficile da affrontare della serata: l’autrice Ada D’Adamo, già proclamata vincitrice della decima edizione del Premio Strega Giovani 2023, viene rappresentata da Loretta Santini, direttrice della casa editrice Elliot, che ha curato la pubblicazione del suo libro “Come d’aria”. L’assenza della scrittrice e saggista è dovuta alla sua prematura scomparsa, avvenuta lo scorso 1° aprile, a soli 55 anni, poco dopo che le fosse stata annunciata la candidatura al Premio Strega. È proprio la sua malattia, che l’ha condotta ad un destino ingiusto, la protagonista del libro, insieme alla sua preoccupazione per chi le sarebbe sopravvissuta, per sua figlia in particolare. La Santini ci tiene a sottolineare la forza d’animo della donna e l’accettazione della sua condizione clinica. Di come, già in passato, si era ritrovata a dover affrontare la disabilità della figlia: «È da allora – ricorda l’editrice – che iniziò a prendere appunti. Quando si ammalò, diceva che scriveva questo libro insieme al cortisone, che la teneva sveglia». Lei, ballerina, mamma di una figlia speciale, attenta alla cura del corpo e amante delle declinazioni poetiche dell’anatomia umana, ordinaria e straordinaria, ha dovuto rinunciare alla sua esistenza, trasumanandosi, però, in una manifestazione evidente di come una vita possa proseguire attraverso le vite degli altri, di come, trovando le parole giuste, la comunicazione del proprio pensiero e del proprio cuore possano non spegnersi mai.
Un libro di ben 824 pagine fa ancora capolino tra i candidati. Si tratta di “Ferrovie del Messico”, Laurana Editore, di Gian Marco Griffi. «Un viaggio nella storia della letteratura e della nostra lingua». L’autore definisce così il suo esperimento letterario, sostenendo quanto fosse stato, quindi, necessario assegnare una natura corale al suo romanzo. Il racconto nasce nella Repubblica Sociale del ’44, quando, a Cesco Magetti, ventiduenne soldato repubblichino di Asti, viene chiesto di trascrivere la mappatura di tutta la rete ferroviaria del Messico. Una narrazione, quindi, in cui la fantasia si combina in contesti reali, in cui la scrittura sembra assumere l’aspetto di quella parlata, per poi rivelarsi ricercatissima e ambiziosissima. I riferimenti principali di Griffi sono Thomas Pynchon e Roberto Bolaño, già intrisi di combinazioni letterarie tra le più raffinate e complesse, da Joyce a Kafka, da Borges a Cortázar. L’autore confessa, inoltre, di essersi ispirato a Marcel Proust per la scelta del titolo. Insomma, tutto lascia presagire un’interessante full immersion nelle traduzioni del pensiero e nelle sperimentazioni letterarie di un cultore della scrittura a tutto tondo.
Altro scrittore ricercato è Vincenzo Latronico, che accompagna il suo libro “Le perfezioni”, edizione Bompiani. Un appassionato del mondo della flora, i cui riferimenti botanici, con tanto di nomenclatura dettagliata, sono stati in grado di mettere in difficoltà il presentatore Coletta che ha confessato «durante la lettura del tuo libro ho dovuto fare spesso ricorso al vocabolario per l’utilizzo di termini così specifici». Il romanzo di Latronico, nonostante il rimando alla natura, è prettamente metropolitano. Ambientato a Berlino, città in cui Anna e Tom, giovani creativi digitali, si stabiliscono, dopo aver abbandonato la loro città di origine, considerando questo trasferimento un atto di libertà, una fuga da luoghi in cui il loro pensiero sembrava soffocato dalle limitate possibilità di espressione e dalle visioni ristrette di vita. Ed è così che il lavoro finalmente decolla e il mondo virtuale assume una fonte reale e abbondante di sostentamento, la politica progressista diventa espressione delle loro vite, la sessualità spogliata da ogni suo cliché, gli appuntamenti fissi con la mondanità una routine, i social network la vetrina delle loro esistenze. Intanto, però, i due compagni iniziano a percepire sempre di più una condizione del tempo nuova, come una sua cristallizzazione, con un conseguente sguardo malinconico rivolto agli altri, a coloro che hanno, invece, rinunciato a questa sorta di libertà ostinata, abbracciando una forma di libertà avvertita da loro come più, paradossalmente, aderente a quella reale, con il progredire delle proprie vite e la stabilità dei propri affetti, l’accettazione dei propri limiti e il calore delle loro famiglie. Latronico sdogana le forme precostituite di visione, dunque, non giudica, osserva, non commenta, descrive. Cita Milan Kundera per spiegare questo suo tentativo: «La descrizione è un atto di compassione per ciò che è effimero».
Dalla contemporaneità alla riscoperta dell’autore del Piccolo Principe. Romana Petri, nel suo “Rubare la notte”, edito da Mondadori, prova letteralmente a riesumare lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry. Non si limita, difatti, a tracciarne la storia, a descrivere il suo successo mondiale, le sue passioni per il volo, per l’avventura, per il cielo, per la madre. Proprio attraverso quest’ultima, infatti, decide di osare di più: scrive delle lettere rivolte a lei da parte di Antoine, cercando di interpretarne l’animo e il pensiero nelle sue viscere più profonde, quasi come a fargli affrontare una terapia, quasi come a riportarlo in vita e risanarlo del tutto attraverso una catarsi rivelatrice e totale.
Rosella Postorino, scrittrice calabrese, parla di “Mi limitavo ad amare te”, edizione Feltrinelli. Il suo cuore ha seguito il destino dei bambini di Sarajevo che, durante la guerra, nel 1992 sono arrivati in Italia per scappare dalle bombe. Il prezzo della loro salvezza è stato, però, molto caro. Per anni, spesso per decenni, non hanno potuto rincontrare le proprie famiglie, hanno dovuto rinunciare alla loro lingua, alla loro terra, alla loro cultura, alle loro case, ai loro affetti. La sensibilità e l’empatia dell’autrice accompagnano le domande che si pone, le analisi che attua, i dubbi che la tormentano: «Tutti noi siamo orfani di Dio, semplicemente perché tutti siamo gettati nel mondo senza averlo chiesto e senza riparo possibile dal dolore».
Gemella di cuore, Igiaba Scego, scrittrice italiana di origine somala, che denuncia nel suo libro “Cassandra a Mogadiscio”, edito da Bompiani, le atrocità della guerra. La stesura del testo, avvenuto durante la pandemia, convive con la guerra in Siria, a breve sarebbe iniziata anche quella in Ucraina. «È un libro che non parla solo della Somalia, ma molto dell’Italia. Con la guerra si sono riaperte tutte le mie ferite, sono tornati tutti i miei dolori». Sostenitrice della pace, ma guerriera nell’anima per i principi che difende, la Scego ha rinunciato anche all’ombrello con cui il coordinatore artistico Renato Giordano le aveva coperto il capo durante la sua intervista, a causa della pioggia che aveva iniziato ad incalzare: «chiudete pure il mio ombrello, questo gesto riproduce un atteggiamento colonialistico che non mi piace».
Un’altra donna protagonista, dalla sensibilità particolare: Maddalena Vaglio Tanet, candidata con “Tornare nel bosco”, Marsilio editore. «Quella che racconto è una storia che da piccola non mi è mai stata raccontata, a cui si accennava solo con discrezione». È la storia di una maestra, molto cara alla scrittrice, che all’improvviso scomparve per qualche giorno. Il motivo scatenante di questa eclissi fu il suicidio di una sua allieva, che la condusse in posti bui della sua mente e del suo animo, tanto da spingerla ad abitare ai margini, fuggendo in un bosco, sola e senza voglia di vivere. La trovò un suo piccolo allievo e mantenne il segreto sul suo rifugio, le portò da mangiare e le riconsegnò la parola. Questo è il racconto di come l’amore e la cura possano far tornare dal bosco, di come si possa ritornare alla vita.
Andrea Tarabbia, con il suo libro “Il continente bianco”, edito da Bollati Boringhieri, introduce il suo scritto con queste parole «volevo fare un libro elegante su qualcosa di non elegante». Parla del potere che ognuno esercita sugli altri e del piacere perverso che spesso comporta, nello specifico lo declina nelle bande del neofascismo: «la letteratura può guardare nello spioncino le cose che fanno paura, perché fanno parte della vita. Allora, se può farlo, deve farlo. Ed è importante osservare bene anche chi si spinge oltre quel limite».
Un libro molto attuale, che non si pone limiti nelle sue analisi. L’ultima intervista è riservata a Carmen Verde, sul suo libro “Una minima felicità”, edito da Neri Pozza. Una storia tutta al femminile, quella di Annetta, piccolissima, minuta, e di sua madre “gigantesca”, tanto ingombrante nell’eco delle sue azioni e nella grandezza delle sue sregolatezze, quanto scivolosa come il burro, sfuggente al marito, alla figlia, ma soprattutto a se stessa. L’autrice descrive il racconto come «una storia d’amore infelice». Una cosa grande nella minuscola bambina c’è: la sofferenza nel cogliere la tristezza della madre, il pensiero insopportabile che quello stato d’animo possa dipendere dalla sua imperfezione fisica. Alla fine la follia sarà la risposta alle sue stranezze, da cui è contaminata tutta l’ala della famiglia materna. La Verde chiude la quarta terna di autori presentati.
I voti, già anticipati in modalità parziali, verranno aggiornati e sommati, per decretare la cinquina dei finalisti da Mario Desiati, vincitore del Premio Strega 2022, pronto a cedere lo scettro nella finale a VillaGiulia. L’autore si dichiara da subito emozionato, ma si dimostra abbondantemente in grado di gestire la serata. Ambientatosi nel contesto cittadino, per scongiurare le precipitazioni atmosferiche, recita anche la formula che la leggenda narra fosse invocata delle streghe prima di unirsi al Sabba: «unguento unguento, mandami al noce di Benevento, sotto l’acqua e sotto il vento, sotto ogni maltempo». Prima della proclamazione finale, viene ricordata la novità introdotta quest’anno dalla fondazione Bellonci, ovvero il Premio Strega Poesia, che vede in finale i poeti: Silvia Bre, Umberto Fiori, Vivian Lamarque, Stefano Simoncelli e Christian Sinicco. L’altra novità è virtuale: l’introduzione del “toto Strega”, un gioco sui social network, che prevede un pronostico sui primi classificati e che ha coinvolto 3566 followers. Chi avrà indovinato i finalisti nell’esatta
classifica otterrà un invito per la finale a Villa Giulia, mentre altre estrazioni tra i partecipanti prevederanno libri in dono.
È giunto il momento della verità, di seguito i cinque finalisti:
Rossella Postorino, Mi limitavo ad amare te, Feltrinelli con 217 voti (di cui 15 dei lettori librerie, 57 dall’estero, 145 dagli amici della domenica)
Ada D’Adamo, Come d’aria, Elliot con 199 voti (di cui 16 dei lettori librerie, 43 dall’estero, 140 dagli amici della domenica)
Maria Grazia Calandrone, Dove non mi hai portata, Einaudi con 183 voti (di cui 15 dei lettori librerie, 60 dall’estero, 108 dagli amici della domenica)
Andrea Cannobio, La traversata notturna, La nave di Teseo con 175 voti (di cui 4 dei lettori librerie, 31 dall’estero, 140 dagli amici della domenica)
Romana Petri, Rubare la notte, Mondadori con 167 voti (di cui 3 dei lettori librerie, 26 dall’estero, 138 dagli amici della domenica)
Emi Martignetti