Per la rubrica “Piccoli mestieri in via d’estinzione”, incontro con Enrico Minicozzi, il giovane liutaio di via Umberto I
Enrico Minicozzi è un liutaio locale. Possiamo trovarlo a via Umberto I, vicino al Palazzo Fusco Rossi, a pochi passi dal Corso Garibaldi. È lì che lavora, nella sua piccola bottega, senza nome, ma con tanta storia e arte al suo interno. Il motivo che l’ha spinto a fare questo mestiere è molto chiaro dalle sue parole: “nella mia famiglia si è sempre respirato nell’aria l’amore per la musica. Mio padre voleva che lavorassi con i pianoforti, occupandosi lui stesso di questo settore, ma la mia passione era quella degli strumenti ad arco. Costruisco violini, viole e violoncelli e, laddove me lo chiedono, anche chitarre e bassi elettrici”.
La passione ha scelto per lui. Un’attività coraggiosa questa, in tempi come oggi in cui il lavoro scarseggia. La crisi è evidente soprattutto per chi, come Enrico, si ritrova a svolgere mestieri antichi e artigianali: “La crisi ha colpito anche il campo musicale: tagli alla cultura, alle orchestre e quindi per un liutaio c’è sempre meno lavoro. Altra conseguenza è che i violinisti che hanno strumenti importanti, magari d’epoca, tendono a venderli…”. Il suo sogno è quello di aprire una scuola di liuteria, ma sembra sempre più difficile realizzare questo desiderio. Intanto ama poter lavorare per personaggi che hanno la musica nel sangue e nel cuore. La bellezza del suo lavoro non consiste solo in questo. Un’altra affascinante e valida qualità è costituita dalla totale genuinità dei suoi lavori, tutti a mano e con materiali totalmente naturali (crine di cavallo, resine di vernici estratte da alberi e piante, legni di abete).
Interessanti sono i suoi programmi futuri e quelli già in atto: “Sto facendo un corso al carcere di Secondigliano, due violini per dieci detenuti, loro si appassionano molto, sono molto entusiasti. Il 21 giugno, invece, è la Festa Europea della Musica e per il secondo anno abbiamo organizzato, con gli allievi del conservatorio, un concerto all’interno del cortile del palazzo Fusco Rossi. Stiamo cercando, poi, di organizzare corsi per gli allievi del conservatorio, perché è importante che loro conoscano gli strumenti che suonano”. Enrico, inoltre, è anche contento di avere la sua bottega in questa città. Mi ha raccontato dell’antica tradizione beneventana riguardante la produzione di corde (ricordate in un verso di Marziale): “Benevento anticamente era un polo di fabbricatori di corde. Queste si producevano col budello animale. Antonio Stradivari, grandissimo liutaio italiano (1644/1737), veniva a comprare le corde per comporre i suoi preziosi strumenti proprio nella nostra città”. Durante la chiacchierata, la voglia di comunicare la magia del suo mondo gli si leggeva negli occhi, ma il momento in cui ho visto in lui qualcosa di particolarmente emozionante è stato durante la descrizione dei pezzi del violino e di come si componevano tra di loro. Grazie a Enrico ho imparato che il violino ha una parte al suo interno molto importante, che permette ai suoni di cambiare a seguito di ogni sua piccola vibrazione, inclinazione o spostamento. Grazie a lui ho capito che il nome di questo piccolo elemento è lo stesso della parte più sensibile dell’uomo in grado di vivere per l’arte: si chiama “anima”.
“Il principe del fascino”
Questa la definizione araba attuale dell’Oud, antico strumento musicale (l’invenzione del quale viene leggendariamente attribuita a Lamak, nipote di Adamo ed Eva, e storicamente collocata nelle tradizione antico-egiziana) dal quale deriva il liuto, la cui evoluzione è avvenuta durante il Rinascimento, grazie all’aggiunta dei tasti e all’allargamento della tastiera per consentire l’annessione anche delle corde. La liuteria invece è un vero e proprio mestiere, una reale arte praticata dal liutaio, il quale ha il compito di costruire, riparare e restaurare gli strumenti a corda, quelli che fanno parte della famiglia dei cordofoni.
Emi Martignetti