Riflessione su una contaminazione che uccide e rigenera. Il messaggio agli studenti della docente Ciccopiedi: «Dolorosamente il virus insegna: leggiamo Bateson, andiamo verso la vita e non più contro»
Il grido d’allarme corre veloce, attraversa le strade, le vite, le cronache, spaventa, terrorizza. Il Coronavirus attacca le nostre vite, i nostri polmoni e la società dell’uomo si ferma. Cos’altro avrebbe potuto fermare la sua folle corsa suicida, dovuta all’aver barattato il senso della vita con plutocratiche politiche economiche? Politiche guerrafondaie, cieche, avide, aride, assassine che hanno bisogno di nuove vittime per autoalimentarsi… un po’ come il virus. Ma dov’erano le paure dell’uomo quando attaccava la salute del pianeta elevando al massimo il tasso d’inquinamento ambientale? Dov’erano quando minava i polmoni del proprio ambiente naturale le condizioni stesse, essenziali, del proprio stare al mondo? Dov’era il suo senso di responsabilità? Quali provvedimenti ha adottato la civiltà degli uomini a tutela della salute del pianeta nonché della propria?
Gregory Bateson (autore di Verso un’ecologia della mente), registrando il disastro ambientale, invitava l’uomo a riallacciare i fili che lo collegavano all’ambiente, quei fili che egli stesso aveva reciso. E lo invitava a farlo prima che il Dio “Eco” potesse scagliare la propria forza contro chi lo aveva leso ledendo, stupidamente, se stesso. Troppo tardi? Oggi le strade sono deserte, l’agitazione frenetica del quotidiano è scomparsa, l’uomo è fermo nella sua gabbia mentre le lepri scorazzano nei parchi: un vero contrappasso. Chiuso nella propria casa si rende invisibile agli occhi del virus che lo cerca senza sosta. Egli si difende, nulla vale più della sua vita che chiede di essere tutelata. O, forse, ripensata?
Fa i conti con se stesso, con gli altri, si chiede chi abbia sbagliato; punta il dito, ma ogni accusa lo riporta alla necessità di rispondere ad un’emergenza che non dà tempo. Si apre però uno spiraglio: i canali d’informazione, tra le tante nefaste notizie, cominciano a parlare dell’abbassamento del livello d’inquinamento. E’ vero: senza l’uomo in circolazione, l’ambiente rinasce, l’aria è più pulita, le piante rifioriscono, i delfini si avvicinano ai porti: “la natura è tutt’altro che in quarantena“, titolano i giornali… Allora gli uomini si affacciano fiduciosi ai balconi, sentono la salubrità dell’aria, godono del calore del sole, rilevano la presenza dei vicini, registrano di non essere da soli. Nell’aria si liberano suoni, canti, profumi, voci, considerazioni, preoccupazioni, incoraggiamenti. Rinasce la “relazione” tra i familiari, tra i vicini e ci si sente rassicurati dalla vita che continua.
Insomma, VIRUS DOCET, perché ci porta a ripensare il nostro tempo, i nostri affetti, le nostre vite, le nostre scelte; ci invita a far cadere gli egoismi, a registrare il sentimento e l’esigenza di appartenenza. Forse siamo ancora in tempo per quell’abbraccio mai dato, per quel ti voglio bene mai detto, ma occorre un’inversione di rotta… andare verso la vita e non contro. Rendiamo importante l’esserci stati, ne abbiamo la responsabilità! Diventiamo tutti bravi allievi del corona virus che, pur tra dolorose perdite e grandi sofferenze, comincia a far registrare, forse, benefici oltre che costi.
Marina Ciccopiedi