Ha intrecciato senza sosta, per decenni, affetti e scarpine di lana con la stessa allegra dedizione. Originaria di Santa Croce del Sannio, zia Rosina Di Gregorio ha serbato nella sua vita la memoria del Novecento, incarnando la parte migliore del secolo passato.
Novantasette anni indossati con leggerezza fino alla fine, stratificatisi sulla pelle con pittoresca e colorata armonia come gli innumerevoli strati di scialletti sulle spalle. Dall’entroterra campano a quello celeste, l’ultimo viaggio di Rosina Di Gregorio è in totale continuità con una vita eterea e delicata. D’altronde il suo era un appuntamento atteso da tanto tempo. Almeno da quando, in giovinezza, perse il suo fidanzato nella Seconda Guerra Mondiale.
Per quasi ottant’anni Rosina, divenuta oramai Zia Rosina, aveva serbato il suo amore di gioventù (perduto in guerra) nell’anima, assieme a un piccolo lascito tangibile: l’anello di fidanzamento. Per Zia Rosina non esistevano “amori di gioventù” e “amori maturi”: esisteva l’amore. Motivo per cui non aveva mai cambiato partito, non si era mai sposata. I suoi figli, centinaia: sin da quando, nel convento della Madonna dell’Arco a Sant’Anastasia, lavava e stirava decine e decine di camici al giorno per i bimbi abbandonati di Napoli (poi, come la ricordano tanti santacrocesi, dolcemente impegnata nella mensa dell’asilo di Santa Croce). Devota e servizievole, sarebbe stata una suora esemplare. Ma, amando il suo eroe caduto, era già impegnata, legata con l’invisibile (un invisibile in cui riponeva la fede semplice e profondissima della tradizione rurale, attenta al continuo manifestarsi nella realtà di ogni giorno di un’armonia celeste).
E così è diventata, anche grazie al suo lavoro infaticabile alla scuola materna di Santa Croce, la “nonna di tutti”, sempre intenta a distribuire parole gentili, consigli, saggezza atavica, pensierini e paghette tra nipoti acquisiti e migranti accolti nel borgo sannita. Innamorata della sua terra, Zia Rosina ha conservato nella sua vita la memoria del Novecento, incarnando la parte migliore del secolo scorso, intrecciando senza sosta, per decenni, affetti e scarpine di lana con la stessa allegra dedizione. «Un delicato e profumato fiore – così la ricorda una pronipote – che ha vissuto dedicando la sua essenza a tutti i nipoti del mondo, iniziando dai bambini degli anni ’50 del suo paese per non finire più, adottandone, a distanza, il più possibile. Inesauribile fonte d’amore, continuerà a raccontarci filastrocche e a cantarci ninne nanne, a cullarci in un presente che soffre la mancanza di quelle bellezze semplici e, oramai, quasi utopiche».
Apl, Rosselladm