Iniziava un anno fa la musica dai balconi

E’ passato un anno dall’inizio del fatidico lockdown del 10 marzo 2020. Un evento traumatico per la società italiana (e non solo), ma immediatamente mitigato dal tipico estro italico: il 12 marzo 2020, a pochi giorni dall’inizio della clausura, alcuni giovani di Benevento sfidano l’isolamento con una “tammurriata” dal balcone: la canzone “Vesuvio” del Gruppo Operaio “‘E Zezi”. Ma l’intento, spiegano i suonatori, era quello di contestare l’isolamento e non farsi “ingabbiare“. Doveva essere una protesta, non la brutta copia di San Remo: ecco com’è iniziata la “jam session” più grande della storia


Un gesto che diventa virale in poche ore, colleziona milioni di visualizzazioni in tutti i Paesi del mondo, entusiasma artisti famosi (come Fiorella Mannoia), finisce su “La vita in diretta”, poi su tg e trasmissioni nazionali (come “Propaganda Live”) o sul “Guardian” e sulla “BBC” russa. Gli autori sono una danzaterapeuta, un’attivista e un giornalista tamburellista. E’ l’innesco della più grande jam session della storia. Nel giro di due giorni tutta Italia è sui balconi, stemperando con note sublimi o folcloristiche uno dei più grandi shock collettivi della storia recente del Belpaese e colorando la pur tragica situazione di tinte utopistiche. Sembra che il famigerato coronavirus abbia una lezione per l’umanità: ferma le ricadute nefaste dell’industrializzazione ripulendo l’aria della Cina e i fiumi italiani, suscita nelle persone meditazioni ecologiche e un sincero sentimento di “vicinanza”, spinge alla ricerca di una bellezza e di un senso di comunità perduto nel tran tran quotidiano. «Socializziamo a distanza ma non distanziamoci socialmente», esortano i pionieri del fenomeno, partito spontaneamente come mezzo alternativo per evitare l’isolamento sociale. L’intento era quello di contestare l’isolamento e non farsi “ingabbiare”: doveva essere una protesta, non la brutta copia di San Remo.

Ma la storia della musica dai balconi è anche la storia di una piccola città del Centro Sud presto dimenticata nell’esplosione geografica-sonora. Non è la Napoli della grande tradizione musicale, ma un capoluogo di quelle aree interne spopolate e trascurate, eternamente in ritardo: Benevento, quel luogo in cui, anche storicamente (nonché etimologicamente), le sciagure si trasformano in “buon vento”. Per settimane la musica volante nella città sannita è un appuntamento di conforto fisso, richiesto e atteso come la campana di mezzogiorno. In un dialogo dal balcone con il sindaco Mastella, la “tammurriata” suggerisce ulteriori note militanti: i musicanti chiedono agli amministratori di abbandonare velleità di cementificazione e di raccogliere la lezione di “sostenibilità” che avanza tra le righe del dramma sanitario (richiesta ovviamente ignorata dal sindaco, che in un anno ha continuato a insistere sull’abbattimento indiscriminato di oltre 300 Pini, al netto delle frequenti capitozzature di alberi).

E’ la stessa città in cui la giovanissima cantante Giada Lepore rompe la proverbiale riservatezza adolescenziale e propone cover dal terrazzo accumulando decine di milioni di visualizzazioni e imboccando la sua attività artistica professionale. Stimolata nel suo percorso musicale da Andrea Bocelli, Giada partirà dall’esperienza del lockdown per proporre il suo primo album. Benevento è anche la città che per prima codifica una lungimirante “estetica della quarantena”, in netto anticipo sulle pubblicità dei megastore online e sul “marketing del lockdown”. L’associazione sannita “Kinetta” propone infatti una narrazione collettiva e praticamente “istantanea” dell’isolamento quotidiano, attraverso immagini di murata quotidianità condivise con l’associazione da volontari. Il risultato è un mesto ma sublime mosaico videografico, un pezzo di memoria storica auto-narrata in gruppo, alternativa alla narrazione dei tg e dei futuri film sul tema, approdato come finalista in film festival di tutto il mondo (tra cui l’australiano “International Limestone Coast Video Art Festival” e “Urban Visions” di Bologna).