Cosa ci fanno gli inquietanti becchini-tuttofare di “Squid Game” sotto l’Arco di Traiano di Benevento? Come a Dubai, il gioco si terrà per davvero nel capoluogo sannita. I giochi saranno dunque “Un, due, tre, stella”, “Il gioco del biscotto”, il tiro alla fune e una sfida con le biglie; sarà riproposta persino la traversata sul ponte di vetro, rivisitato, promettono gli organizzatori, in maniera godibile. Ma l’intento è reimparare a distinguere il gioco da una realtà a tratti inquietante, in preda alla deriva dei challenge e dell’onnipotenza finanziaria
«Sembra incredibile ma tanti aspiranti partecipanti ci chiedono se davvero chi perde sarà “eliminato”», spiegano gli organizzatori di Power Party al Mattino di Benevento… – In un certo qual senso riportare la finzione cinematografica in un evento pubblico reale, con tutte le attenzioni del caso, potrebbe essere, oltre che ricreativo, anche demistificante». Per ribadire che di gioco si tratta, contro certe derive della “programmazione predittiva”, forma di condizionamento psicologico attraverso cinema e altri media, per far conoscere e successivamente accettare al pubblico importanti cambiamenti sociali. In pratica, «a furia di vedere roulette russe e scommesse fatali, il cittadino del futuro potrebbe ritenere non così assurdo “morire per challenge”, consegnandosi volontariamente a meccanismi di controllo, sorveglianza e massacro esibizionistico (tragedia cognitiva già messa al tappeto dalla terribile moda del “blue whale”)».
«La programmazione predittiva – scrive Virginio De Maio, a proposito dei film che ci hanno “abituato” alla pandemia e alla sua gestione autoritaria – ha uno scopo preciso: abituare la massa ai cambiamenti, in modo che al susseguirsi degli eventi le persone non si scandalizzino, anzi trovino quei cambiamenti normali. Un modo raffinato per mitigare indignazione e reazioni sovversive».
«Squid Game – nota Guy Van Stratten stigmatizzando il nuovo “capitalismo digitale” che spaccia la schiavitù virtuale per libertà – potrebbe essere una metafora della “società della trasparenza”, vale a dire della società contemporanea in cui, dietro l’egida del capitale, gli individui si consegnano, per mezzo dei social, a una trasparenza e a una “vetrinizzazione” continue. Non c’è posto per l’Altro nel gioco di Squid Game. Tutti sono uguali fra di loro, la loro personalità è annientata nella tuta verde che sono costretti a indossare, ridotti soltanto a un numero. Sono ridotti a degli ingranaggi perfetti di un gioco spietato, sottoposti allo sguardo di fantomatici “vip” – forse ricchi esponenti del mondo politico ed economico mondiale (si esprimono in inglese) – che osservano il gioco tramite schermi per poi trasferirsi sull’isola e osservarli come in una specie di teatro».