Davanti alla prefettura di Benevento per manifestare contro la disparità di trattamento degli studenti campani: il fotografo irpino Luca Daniele si cala nella realtà che intende rappresentare, assecondando le istanze che cattura con l’obiettivo. «Mi direte – scrive su facebook – ma anche con i bambini usi il bianco e nero? Certo, in questo caso non è una festa per loro, si tratta di una denuncia, i loro colori si stanno spegnendo e non hanno nessuna colpa. La scuola è fondamentale, se siamo ancora una società civile». E da questo post prendiamo le mosse per intervistarlo sul ruolo di una fotografia militante in una società appiattita dai flash degli schermi digitali
Tu hai rivendicato su facebook l’uso del bianco e nero (che prediligi nella tua fotografia) anche per rappresentare i bambini, “scoloriti” da una società che li reclude in casa davanti a un cellulare. In questa tua intuizione “estetica” intravedi un reale appiattimento sensoriale, legato al confinamento dalla scuola alla stanzetta, dal paesaggio al wallpaper digitale?
L.D. Siamo di fronte ad una sistema che ci sta inghiottendo, i piccoli schermi dei cellulari sono diventati il nostro punto di riferimento visivo, sociale. La mente si chiude ad uno spazio ristretto, non esplora i canali infiniti che ci offre il mondo, la natura, l’osservazione dei fenomeni che ci circondano. Poche sono le persone che “guardano”, molte quelle che si limitano a “vedere”. I bambini sono delle vittime, sono nel pieno sviluppo delle loro emozioni, capacità, ricerche. Tutto questo è ridotto a poco o nulla. Costretti a vivere o soli davanti ad un pc, quando va bene, o sempre a contatto con adulti. Perdono tutto quello che è il confronto con i simili, la bellezza di quel che offre una stagione dell’anno, finiranno per non chiedersi mai perché accade quel che non vivono e sarà una grande perdita, soprattutto in termini di capacità di adattamento, soluzione e intuito. Dal punto di vista estetico poi noto un appiattimento sulla percezione di ciò che ha valore artistico: per realizzare arte bisogna essere veramente dentro ciò che si crea e questo valore dovrebbe esser trasmesso anche ai più giovani. Oggi valutiamo una bella foto da uno scatto con un cellulare, che non ha né tempi tecnici, né sviluppo di pensiero… infatti spesso e volentieri ci nutriamo di nulla, e così anche in altri ambiti artistici.
Dunque, per citare il solito McLuhan, il mezzo è oggi il vero messaggio? La fruizione delle più svariate forme di espressione, per quanto varie, attraverso lo stesso strumento produce un’omologazione dell’orizzonte sensoriale, estetico e dunque mentale (soprattutto dei nativi digitali)?
L.D. Come ho detto, non ho una grande stima del cellulare come rincorsa alla fotocamera più performante del momento e del suo utilizzo come forma completa di sguardo sul mondo. Parliamo di un mezzo che non ha identità, quindi non trasmette un messaggio chiaro e completo.
Tu utilizzi preferenzialmente il bianco e nero nelle tue foto. E’ dunque un modo per riportarci anche a una diversa “temporalità” delle fotografie, in ricordo di quegli scatti dei primordi, in cui le pose duravano ore e il soggetto sprofondava nell’attimo infinito dell’esposizione? Vezzo autoriale o esigenza socioantropologica di “purificazione sensoriale”?
L.D. Personalmente nel bianco e nero percepisco sfumature infinite che mi permettono di seguire la luce come desidero e come il mio occhio desidera. Sicuramente permette un visivo fuori da un tempo preciso. E’ nei colori sgargianti che segnano la nuova epoca fotografica che vedo invece uno sguardo meno di denuncia e più edonistico. La fotografia per me passa per il sociale e la dimensione antropologica, e l’utilizzo del bianco e nero è un’esigenza viscerale che mi ha accompagnato dalle mie prime foto, mentre prendevo in prestito gli insegnamenti dei grandi fotografi che mi hanno segnato, da Bresson a Koudelka, passando per Doisneau. Probabilmente, come dici tu, ho bisogno anche di una purificazione dalla miriade di immagini poco significative a colori che riempiono ogni luogo virtuale. Passeggiare in silenzio, godere di un momento intimo con la fotografia rimane, oggi, una risorsa impagabile. (apl)
LUCA DANIELE è un fotografo freelance, narratore di eventi e ritrattista. Cerca soggetti e progetti che gli diano modo di indagare la verità attraverso luoghi, persone e situazioni, ama sentire quello che la strada trasmette, stare dentro a quel che vede non solo dal mirino. Cura servizi di reportage di carattere sociale e antropologico, e non disdegna affatto la figura di fotografo di eventi, sentendosi perfettamente a proprio agio nel documentare, raccontando attraverso le emozioni, la propria idea di fotografia.