La musica indipendente c’è all’isola d’Elba ed è sorretta da tanti appassionati e musicisti, gode di buona salute. “God bless you”. Dopo le truppe estive delle cover band e delle tribute band impegnate a intrattenere migliaia di turisti esigenti e ansiosi di ascoltare la loro canzone preferita, all’ombra degli spritz e in perfetto stile jukebox umano, arriva l’onda creativa del Neverending music festival, della musica autoprodotta, cioè composta e inedita. Esisteva o esisterebbe anche l’Elba Sonica, doveroso ricordarlo, dove suonarono qualche anno fa addirittura i Notwist, si spera in una ripresa perché dove ci sono eventi così c’è cultura, arte, creatività e scambio.
Il Neverending è spinto da un’energia che è lì e che va scoperta vivendo le tre sere, parlando con gli organizzatori, con i musicisti, con le signore dietro al banchetto che vendono i gadget. Patrizia Cherici è una di loro e il suo è un racconto che alla fine dei concerti ti scalda e ti avvolge come un mantello: è un festival di musica indipendente nato undici anni fa in ricordo di suo figlio Claudio, musicista e attivista culturale dell’Isola d’Elba, scomparso prematuramente ad appena ventisette anni. Vedere quella mamma lì, insieme agli amici di suo figlio e la musica, è tra le cose più belle del mondo.
Band elbane e del continente (Grosseto, Firenze, Vicenza, Brescia, Varese, Polonia) sono state, per questa undicesima edizione, la miscela sonora di un mix di generi e contaminazioni: punk e post-punk, rock, cross over, stoner, psichedelia, folk, raggae, dream/psych pop, desert rock, alternativemetal dadaista, ecc.
È stata l’occasione per parlare con alcuni di loro, i Morbosita di Grosseto e Franck DD and friends di Firenze, del termometro della musica indipendente in Italia, di band e tribute band, di locali e di spazi destinati alla musica e delle opportunità che il nostro Bel Paese offre ad artisti e band che sperimentano e spaziano in generi e stili che risuonano nei locali underground americani e nordeuropei. Quando si parla in Italia di musica indipendente sembra ritornare in mente l’articolo di Madame de Staël apparso sulla Biblioteca Italiana, con il quale si diede inizio alla disputa tra Classicisti e Romantici italiani. La scrittrice francese, nel 1816, esortava infatti gli intellettuali italiani a tradurre non soltanto dai Classici ma anche dalle letterature europee moderne. Il giudizio severo denunciava allo stesso tempo l’involuzione della vita culturale e politica dell’Italia. Chissà che le due cose non coincidano. Nel frattempo, lunga vita al Neverending…
Michele Intorcia
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