Trenta ettari di flora boschiva e coltivazioni private arsi tra il 2 e il 4 agosto. Interessi, faide venatorie o mancanza di prevenzione?
C’è ancora un tronco spezzato, a ora di pranzo, che tenta di riaccendersi all’ingresso del sentiero per le Coste d’Angelo, la terra acre intorno è costellata da alberi anneriti riversi in avanti, un palo del telefono, infranto alla base, fuma lungo la strada sterrata; pezzi di fichi d’india consumati rotolano come pietre e sola una poiana vola sul luogo dell’incendio, tra i più devastanti degli ultimi anni, di natura dolosa per tutti, dove si è sfiorata la tragedia e sono emerse critiche sugli interventi e i mezzi a disposizione dei soccorritori. Una parte del patrimonio naturalistico del comune di Apice, quello che insieme al centro storico dovrebbe attrarre visitatori e turisti, è stato deturpato barbaramente, e non è la prima volta: l’Oasi Pastizzo fu infatti consegnata alle fiamme durante una delle ultime edizioni delle affollate Due Notti al Castello. Già all’epoca, dopo l’accaduto, si doveva pensare a un piano di controllo e prevenzione.
“Ho avuto paura di morire”, racconta Marianna De Simone, giovane avvocato che vive insieme alla famiglia in contrada Alvino, dove le fiamme dell’incendio del quattro agosto scorso “sembravano quasi avvolgere casa nostra”, commenta con stupore e terrore. “I vigili del fuoco ci hanno tratto in salvo e li ringraziamo di cuore – continua Marianna – ma va detto che i soccorsi, contattati alle 14:20, sono arrivati verso le 16:30; alle 14 e 45, invece, sono intervenuti gli operai della Comunità montana, i quali non avevano mezzi tali per affrontare quell’incendio; è stato grazie all’intervento dei caschi rossi, dopo circa due ore, che le fiamme sono state domate”.
Più di trenta ettari di flora boschiva e coltivazioni private sono arsi tra il due e il quattro agosto scorso nel territorio di Apice, a cui va aggiunto il bilancio dell’incendio di Cupazzo del primo del mese. “Emergono ora delle problematiche legate al contenimento dei costoni – commenta l’assessore alla Protezione civile, Gerardo Pellino – a seguito dell’incendio che ha distrutto numerosi alberi che facevano da contenimento”.
Ma c’è chi ha avuto paura di morire e sono state mosse delle critiche nei riguardi dei soccorsi. “I vigili del fuoco hanno svolto un grande lavoro – riprende Pellino – e mi rendo conto che il corpo avrebbe bisogno di altre unità sul territorio provinciale insieme alla disponibilità di più mezzi aerei; va anche evidenziata l’incuria di molti appezzamenti privati per i quali è stata emessa proprio oggi un’ordinanza”. Magari tutto ciò andava fatto prima, si penserà. E sull’uso del mezzo antincendio a disposizione de Laraba? “E’ stato utilizzato dagli operatori, vigili del fuoco e operai della Comunità montana, per il supporto acqua”.
In merito al controllo e alla prevenzione, cosa intende fare il Comune? “Abbiamo stilato un progetto di videosorveglianza da circa un milione di euro su tutto il territorio di Apice ma al momento non ci sono misure da parte della Regione. Il Comune si è attivato per la bonifica di contrada San Martino e Alvino tramite una ditta locale incaricata dall’Ufficio tecnico”. Privato, inoltre, l’elicottero utilizzato in convenzione con la Regione Campania durante i soccorsi.
Tra le possibili cause dell’incendio, intanto, spunta fuori l’ipotesi di vere e proprie faide venatorie, avanzata su Ottopagine dal responsabile e delegato Lida Emilio Mauro Merola. “Lo escludo – commenta Giovanni Principe, presidente di Libera Caccia Apice –, anche se tra le due squadre del territorio, come si sa, i rapporti non sono sempre stati distesi, credo che nessuno nell’indole sia capace di arrivare a tanto. Persone squilibrate che possano fare una cosa del genere nell’ambito venatorio non ne conosco. A livello nazionale, inoltre, sono migliaia le chiamate dei cacciatori per segnalare gli incendi”. Oasi Pastizzo e località Cupazzo, due delle aree colpite dagli incendi di questi giorni, sono vocate alla caccia al cinghiale e ancora non sono state assegnate a nessuna delle due squadre, mentre le Coste d’Angelo sono una riserva di ripopolamento dove è vietata ogni forma di attività venatoria, precisa Principe, che aggiunge:
“L’Amministrazione comunale, la Provincia e gli enti che hanno il compito di tutelare il patrimonio naturalistico e ambientale dovrebbero fare di più; ricordo che in passato la Forestale metteva dei piantoni per sorvegliare le aree boschive nei periodi più rischiosi, perché questo sistema non può più essere riutilizzato? Si creerebbe anche lavoro. Buona parte del territorio di Apice è di natura boschiva, dobbiamo tenerne conto”.
Secondo Principe, inoltre, vi sarebbero state delle incredibili carenze logistiche da parte dei soccorsi: “Quando sono arrivati, i mezzi dei pompieri da Napoli non avevano neanche l’acqua nelle cisterne, quest’ultima è stata fornita da privati del posto che hanno dato il loro contributo per sedare l’incendio”.
Mancanza di prevenzione ambientale e scarso impegno politico sono dunque al centro della critica mossa dal presidente di Libera Caccia che conclude chiedendo “un utilizzo maggiore del mezzo antincendio della Protezione civile Laraba”. Nell’imminente andranno tenute sotto stretta sorveglianza l’Oasi Pastizzo, dal cartello turistico vandalizzato e il sottobosco incolto, e la strada provinciale Sp33, chiusa per frana da ormai otto anni, dove sono frequenti piccole discariche a cielo aperto. Luoghi, in sostanza, indisturbati, dove è semplice attentare al patrimonio naturalistico e ambientale.