Alle sorgenti del Calore Irpino, dove il fiume è da bere

sorgenti del calore

Camminare per ore in montagna alla ricerca delle sorgenti di un fiume è tra le esperienze più naturali possibili e al contempo mistica per chi ha un po’ di spirito da cercare. Una delle fonti del Calore Irpino si trova su un versante del Monte Accellica, dalla parte di Montella, in provincia di Avellino. GUARDA IL VIDEO


Un luogo naturalistico straordinario, incontaminato, che racconta migliaia di anni di eventi, e dove per fortuna le acque del fiume sono cristalline, tanto da poterle bere, come lo era un tempo per buona parte del percorso del fiume. Che oggi, in altre zone, come nel Medio Calore, vive una condizione spesso mortificante. Il monte delle sorgenti dà vita anche al fiume Sabato ed è una riserva d’acqua strategica e ricchissima che alimenta Campania e Puglia.

Il sentiero, con segnaletica Cai, si inerpica fino alle sorgenti del Calore per circa due ore e mezza, cinque chilometri tra salite e cammini ondulati segnati da piccoli ponti, muschi, alberi, case in pietra e vacche al pascolo. Più a valle il fiume si popola di gente. Lì, presso le contenute e piccole dighe sulla cascata, Angelo Varallo, giovane abitante di Montella, racconta che il fiume è «parte della popolazione», che l’impegno è concreto per la sua tutela e fruizione, per la tenuta del sistema e della qualità dell’acqua.

Nel Medio Calore e nel Sannio, ad esempio, il depauperamento del letto del fiume è in atto da anni, complice l’idea di considerare il corso d’acqua non come un essere vivente, ma come qualcosa da sfruttare per fini utilitaristici leciti e illeciti, al di là di ciò che realmente dovrebbe costituire un fiume. Parte della politica ritiene che determinate attività possano essere ben regolamentate: ma se si tolgono le pietre purtroppo resta la melma, se non si regola meglio l’agricoltura, se non si controllano le attività e non funzionano i depuratori resta il liquame. E i contratti di fiume un miraggio. Per non parlare della gestione e distribuzione idrica estiva e dei disservizi giornalieri. L’acqua è quindi il grande tema.

Da quattro anni, bMgazine, con articoli-denuncia, es. A Ponte Rotto scorrono liquami e indifferenza e i tre reportage di Fare il bagno nel Sannio  (video 1 https://www.youtube.com/watch?v=wx8OmQlJNiQ&t=19s;   2 https://www.youtube.com/watch?v=Ok7vUwlzdlM;  3 https://www.youtube.com/watch?v=HfHBgPWDCUg&t=4s) vuole riportare l’interesse su un argomento che è spesso fuori dalle agende politiche e dalle comunità, ma che invece costituirebbe un ‘reale’ sviluppo di concrete politiche ambientali nelle tanto ormai famose e decantate aree interne. La parola chiave è comunità, ed è quest’ultima che determina il suo rapporto con il territorio e di come lo percepisce.

Andare alle sorgenti è stata una riscoperta per amplificare tutto ciò, oltre a un cammino di incontri naturali e umani, soprattutto nella valle, dove ci si imbatte in un’area gestita da privati che accoglie numerose famiglie. E’ dallo chef Soccorso Tecce, più avanti, che assaporiamo la cultura popolare del luogo, con l’aglianico, la tarantella e dei ravioli ai funghi che restano negli annali. Con lui si finisce a chiacchierare in cucina, insieme al sociologo Ennio Montenigro, di quel qualcosa in più che dovrebbe sopraggiungere ma che invece arranca, di resilienza e restanza, di credere nelle potenzialità del territorio, restare e investire, non solo in termini economici privatistici, ma affettivi-comunitari nel luogo in cui si vive puntando ad una qualità e ad una sostenibilità estranee ai contesti economicamente più floridi della costa (terra della polpa vs terra dell’osso).

L’accoglienza qui si concretizza spesso in un dono, e oggi non è mancato: del vino rosso di Montemarano per accompagnare il ritorno in una terra dove purtroppo le acque delle sorgenti giungono alterate, tanto da non poterle bere e non poter fare neanche un bagno. Dove le comunità sono ancora troppo distanti o tenute a distanza da una gestione affettivo-comunitaria e imprenditoriale delle potenzialità del proprio territorio.

Michele Intorcia