Il nostro paese è ricco di monumenti, molti alla memoria, ma di cui spesso ignoriamo più che l’esistenza il significato. Targhe, statue ed altri ammennicoli urbanistici vengono posti per raccontare e ricordare un evento del nostro passato, passato su cui dovremmo imparare a riflettere. Lo scopo di “Decolonizzare Benevento” è proprio di innescare una riflessione critica sulla narrazione che si nasconde dietro una targa commemorativa
“Decolonizzare Benevento” è l’evento conclusivo di un progetto di esame sulla criticizazzione dei monumenti storici. Il progetto è organizzato da un gruppo di quattro ragazze, studentesse dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli: Mariaurora Terlizzi, Luisa Vitale, Michela Sodano e Annamaria Galdi. La performance artistica, tenutasi Domenica 12 Febbraio, ha come scopo l’apertura di una riflessione in merito alla targa commemorativa dedicata a Guglielmo Pacca affissa sulla facciata dell’omonimo palazzo della città di Benevento, per innescare una riflessione sul colonialismo italiano e sulla percezione che a distanza di anni ne hanno gli italiani.
Guglielmo Pacca, figlio di una delle famiglie illustri di Benevento, «arricchitasi – spiegano le organizzatrici – con la loro partecipazione alla politica colonialista italiana», fu capitano del regio esercito italiano, caduto ad Adua nel 1896, successivamente insignito della medaglia d’argento al V.M. alla memoria. Guglielmo Pacca è uno dei tanti giovani italiani mandati a morire per assecondare le mire espansioniste della politica italiana verso il corno d’Africa, la sua unica unicità è stata la sua appartenenza ad una famiglia illustre, che gli ha permesso di non cadere totalmente nell’oblio della dimenticanza storica. Il suo nome sopravvive a stento su una lastra di marmo affissa sul palazzo di famiglia, mentre il nome di tanti altri giovani ha avuto sorte peggiore.
I monumenti passano spesso inosservati nelle nostre città, nell’indifferenza dello sguardo dei cittadini che vi passano vicino, nel teatro della quotidianità, senza soffermarsi troppo sul perché della loro esistenza. Ogni singolo monumento «nasconde testimonianze importanti di processi storici complessi non sempre esplicitati o volutamente invisibilizzati», è importante per poter esplicitare tali testimonianze osservarli con sguardo critico attraverso «una nuova consapevolezza» del nostro passato. Il monumento preso ad esame, ricordo del colonialismo italiano, «è realizzato secondo i canoni tradizionali, in marmo e ci guarda dall’alto di un palazzo antico e nobiliare», l’intoccata targa alla memoria del Capitano Pacca è rimasta intoccata per decenni a memoria di una «testimonianza che non ci è stata raccontata, caduta nel silenzio. Un silenzio che però non è mai neutrale ma frutto di una narrazione egemonica portata avanti a discapito di altre».
Colonialismo italiano: qualche cenno storico
Nella seconda metà del XIX secolo l’Italia decise di attuare una politica di espansione coloniale verso l’Africa, come molti altri stati europei erano già impegnati nel fare, «l’Etiopia – commentano le organizzatrici – fu una delle nazioni che subbi il triste destino di essere scelta come colonia». L’Italia cercò di entrare in questo gioco di potere per affermarsi come nazione e per ottenere risorse e materie prime da utilizzare per il proprio sviluppo industriale. Tuttavia, il colonialismo italiano non fu solo una questione economica. Essendo arrivato in ritardo rispetto ad altre potenze europee, l’Italia cercò di dimostrare la propria superiorità sulle popolazioni locali, utilizzando metodi spesso violenti e repressivi. Inoltre, l’Italia fu responsabile di atrocità come l’uso di armi chimiche durante la guerra d’Etiopia e il bombardamento di civili durante la guerra italo-turca.
Il 2 maggio 1889 fu stipulato fra il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia un trattato internazionale passato alla storia come il Trattato di Uccialli, che di fatto riconosceva le acquisizioni territoriali italiane. L’Etiopia non rispettò il trattato perché si relazionò con altri stati (la Francia e la Russia). La reazione fu la violenza! Nel gennaio del 1896 le truppe italiane del generale Oreste Barattieri decisero di invadere la regione di Tigrè con l’obiettivo di ampliare i confini della colonia. Una scelta che portò solo alla morte di militari italiani e di giovani etiopi, somali che erano stati obbligati a far parte delle truppe.
Nonostante la totale disfatta dell’esercito italiano e l’elevato costo di vite umane (secondo le fonti storiche i morti furono tra i 7.000 ed i 4.000, oltre ai feriti ed i mutilati), le mire espansionistiche italiane non si arrestarono, anzi il ricordo di quella cocente sconfitta non fece che infiammare gli animi. «Il fuoco della rivincita – scrive Clemente Cassese – covava nel cuore di tutto il popolo italiano e divampò il 3 ottobre 1935, quando l’esercito italiano invase l’Etiopia (senza dichiarazione di guerra!)». Infatti l’intervento colonialistico non si arresto, nonostante le difficoltà nel sostenere le spese militari, anzi la propaganda e gli ideali fascisti si alimentarono grazie al sogno dell’Impero: il 9 maggio 1936 fu alla fine proclamato l’impero nel celebre discorso dal balcone di Benito Mussolini. Le glorie imperiali durarono fino al 1941 quando durante la seconda guerra mondiale le truppe italiane dovettero arrendersi all’avanzata inglese.
Quel passato, per niente glorioso, dobbiamo ricordarlo e comprenderlo affinché non si ripetano i medesimi errori del passato.
Vittorio Palmieri
Per l’approfondimento sulle fonti storiche ringraziamo Rito Martignetti
“Il 1900 a Benevento” – Clemente Cassese – Edizioni Realtà Sannita
“…e cantavano faccetta nera” – Clemente Cassese – Edizioni Realtà Sannita