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L’Olmo e il dio del sonno: misteri dell’albero della “forma”

Virgilio pone un olmo enorme all’ingresso dell’Ade, dove dimora il Sonno parente della Morte, e in effetti l’olmo è stato associato anche a Morfeo, dio dei sogni. Il nome di questa divinità deriva dal greco μορφή (“morfé”) che vuol dire “forma”, per via della sua capacità di assumere la forma di persone agli occhi (chiusi) degli uomini addormentati. Una corrispondenza curiosa, considerando che l’olmo, in quanto ricco di silice, è proprio “l’albero della forma”, in grado di influire sulla rigenerazione dei tessuti…

L’olmo, Ulmus minor L., è un albero che può raggiungere ragguardevoli dimensioni: 30-(40) m di altezza e un diametro del tronco di 1,5-2 m., in casi eccezionali 45m di altezza e 3 m di diametro. Molto spesso, però, nei cedui e/o a causa di malattie[1], mostra un portamento arbustivo o come piccolo albero, nell’ambito di macchie formate da numerosi polloni radicali. [Acta]

È un albero dalla simbologia piuttosto complessa. I greci e i romani associavano l’olmo agli dèi del sonno, Hypnos in greco, Somnus o Sopor in latino, oppure, secondo alcuni autori, a Morfeo o Oneiros, entrambi figli di Hypnos e/o di Nyx (dea della Notte, Nox per i Romani) e quindi fratelli di Hypnos, a seconda delle versioni del mito (v. anche [Cattabiani]).

Virgilio pone un olmo enorme all’ingresso dell’Ade, lì dove dimora “consanguineus Leti Sopor”, il Sonno parente della Morte. Secondo l’autore, sotto ciascuna delle sue foglie pendevano i sogni dei mortali.

La connessione con i sogni faceva dell’olmo un albero dal potere oracolare. Forse per un’estensione di tale potere, nel Medioevo l’olmo è divenuto, insieme con la gioviana quercia, l’albero sotto il quale si amministrava la giustizia. Con l’espressione “giudici sotto l’olmo” si indicavano i magistrati senza tribunale che esercitavano i loro uffici seduti sotto un olmo (o nelle vicinanze di esso), solitamente piantato davanti alla porta del castello [Cattabiani].

Dal punto di vista archetipico, l’albero è anche legato alla figura di Hermes/Mercurio, l’alato messaggero divino che mette in comunicazione gli dèi tra di loro e/o con gli uomini.

L’albero della forma

L’olmo è un albero “duro” esternamente e mucillaginoso sotto la corteccia. Tutto l’albero è “verrucoso”, “nodoso”: oltre alle formazioni suberose della corteccia, anche i fiori ricordano verruche o nodosità. Possiamo pertanto dire che è un “albero della forma”, particolarmente rispondente, in qualche modo, alle forze di formazione che agiscono sui tessuti vegetali ma anche, per riflesso, quando la pianta venga usata come medicina, su quelli umani.

Anche la “scabrosità” della pagina superiore delle foglie, indicatrice della presenza di buone quantità di silice, rientra nel quadro della segnatura “plastica” di questo albero. Sembra infatti che l’olmo tenda ad accumulare la silice presente nel terreno. Se la pianta cresce in una zona particolarmente ricca di questo minerale (ad esempio, in terreni sabbiosi), la lavorazione del legno diventa particolarmente difficoltosa, tanto che gli utensili usati per il taglio perdono rapidamente il filo (alcuni falegnami parlano di “olmo rabbioso”). Foglie scabre e formazioni suberose del legno: queste caratteristiche danno già l’idea che l’olmo sia una pianta particolarmente “sensibile” alle forze di formazione, nonché ricca di silicio.

È curioso notare come l’olmo sia stato associato (tra gli altri dèi) a Morfeo, dio dei sogni. Il nome di questa divinità deriva dal greco μορφή (morfé) che vuol dire appunto “forma”, per via della sua capacità di assumere la forma di persone agli occhi (chiusi) degli uomini addormentati. “Era un dio alato, con grandi ali che sbattevano silenziosamente portandolo in ogni angolo della terra in un istante” [Cattabiani].

Le proprietà dell’olmo

La sua capacità di accumulare la silice (o, se vogliamo, la sua “affinità” con questa sostanza e, in generale, con i processi del silicio) influisce certamente in maniera importante sulle sue proprietà: la pianta, infatti, ha la capacità di stimolare la rigenerazione dei tessuti molli e duri (è indicata, ad esempio, in caso di piaghe e fratture), nonché la depurazione del tessuto connettivo attraverso la pelle, la risoluzione dei processi suppurativi (specialmente cronici) e la regolazione della sudorazione (soprattutto quando il sudore prodotto è particolarmente maleodorante a causa di processi di disbiosi/putrefazione oppure di fenomeni di deposizione di tossine nel connettivo), in maniera analoga a quanto fa il rimedio Silicea in omeopatia. Essendo una pianta con proprietà “depurative” e con tropismo nervoso ha anche effetto sulle forme erpetiche (specialmente croniche).

La corteccia dell’olmo è impiegata tradizionalmente come rimedio astringente, antireumatico, diuretico, cicatrizzante, per il trattamento degli eczemi e come depurativo.

Il macerato glicerico di gemme di olmo ha un tropismo elettivo per la pelle ed è capace di risolvere le putrefazioni, di trasformare o espellere le raccolte purulente e di risolvere le dermatosi (soprattutto di tipo essudativo). È anche indicato nell’acne giovanile, nelle lesioni erpetiche, nelle otiti (purulente), negli ascessi, nelle fistole, nelle piaghe purulente, nelle bronchiti settiche con espettorato di colore intenso, nella gotta e nei reumatismi. [Giannelli, Piterà]

Con la sua “plasticità” (che si riflette nella particolare relazione della pianta con le forze di formazione) l’olmo insegna all’uomo la capacità di strutturarsi ma anche di rendersi malleabile e di saper “cambiare forma” quando le circostanze lo richiedono.

L’olmo e e sue “ali”

Frutti dell’olmo (“samare”)

L’olmo è una pianta “isteranta”, che, cioè, emette prima i fiori e poi le foglie (un po’ come mandorli, peschi, ecc.). Nel caso specifico dell’olmo, addirittura anche i frutti (samare) nascono prima dell’emissione delle foglie. Probabilmente sono in assoluto i primi frutti delle specie arbustive e arboree a maturare durante il corso dell’anno.

Tutte le divinità alle quali l’olmo è collegato sono rappresentate come giovani uomini dotati di ali e capaci, pertanto, di trasportarsi da una parte all’altra del mondo dei mortali e/o del mondo degli dei in un battito… d’ali. Come sempre, i riferimenti archetipici delle piante (le cosiddette “signature”) si manifestano sul piano terapeutico e simbolico ma anche fisico: non è un caso che i frutti dell’olmo (le samare) siano provvisti di due ali, ossia due membrane molto sottili e leggere che consentono loro di essere trasportati dall’aria o dal vento anche a distanza dalla pianta madre.

Le samare sono commestibili e di sapore gradevole; sono capaci di fotosintesi (infatti sono verdi). La samara è un ricettacolo e un concentrato di forze cosmiche, calorico-luminose: il seme si nutre e si forma sotto l’azione di tali forze che pertanto risultano concentrate nel frutto maturo (verde in periferia e, chiaramente, rosso al centro, dello stesso rosso delle antere ricche di polline).

 

Riferimenti

[Acta] https://www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=3509
[Cattabiani] Alfredo Cattabiani, “Florario”, Oscar Mondadori (2012)
[Giannelli] Luigi Giannelli, “Gemmoterapia”, M.I.R. Edizioni (2009)
[Piterà] Fernando Piterà, Marcello Nicoletti, “Gemmoterapia – Fondamenti Scientifici della moderna Meristemoterapia”, II ed., Nuova Ipsa (2018)

 

Note

[1] Il genere Ulmus è soggetto ad una grave malattia che dagli anni ‘50 del secolo scorso ha colpito gran parte degli olmi italiani, la “Grafiosi dell’olmo”, che viene trasmessa da insetti che fungono da vettori di un fungo (genere Ophiòstoma) che è la vera causa della malattia. In breve tempo, il patogeno colonizza l’olmo determinando una tracheomicosi che disturba o addirittura impedisce il movimento della linfa: se i vasi sono sufficientemente grandi, vengono colonizzati dal fungo che li ostruisce provocandone il disseccamento.