«E’ la nostra capacità di essere radicati che ci consente di non perdere la bussola, di non sentirci perennemente estranei in una società sempre più liquida, nella quale le relazioni fra individui sono definite da processi di consumo.» {Paola Dubini}
«La cultura ha valore identitario: capiamo chi siamo e da dove veniamo grazie alla cultura. E’ difficile per le persone che vivono attorno al bacino Mediterraneo rimanere indifferenti alla poesia di Omero, quando descrive i modi in cui Ulisse convince la dubbiosa Penelope, che non vede da vent’anni, di essere effettivamente il suo sposo; e la visione di un uliveto coltivato in un terreno contornato da muretti a secco fa “sentire a casa” persone provenienti dalla Spagna, dall’Italia, dalla Tunisia, dalla Grecia».
La cultura come forma di restanza territoriale
«Questo valore identitario determina il nostro radicamento in una comunità, tanto più importante quanto più le vicende storiche politiche ed economiche e i processi di globalizzazione portano a separare le persone dai loro luoghi di origine e ad allontanarli dalle proprie comunità. E’ la nostra capacità di essere radicati che ci consente di non perdere la bussola, di non sentirci perennemente estranei e “in rincorsa” in una società sempre più liquida, sempre meno geograficamente definita, sempre più interconnessa, nella quale le relazioni fra individui e lo status individuale sono definiti da processi di consumo.
La cultura fornisce punti di riferimento e mitiga il bisogno di apparire, il consumismo esasperato e la mercificazione dell’esistenza, contrastando i processi di omologazione».
Paola Dubini, da “Con la cultura non si mangia” – Falso, Laterza Editore