La battaglia epica tra un brigante sanfedista e il padre di uno degli scrittori più famosi della letteratura mondiale nell’attuale parco del Partenio, tra le montagne del Sannio e dell’Irpinia, all’inizio dell’Ottocento. Una storia dimenticata dalla gran parte degli abitanti dell’entroterra campano, nutriti – come tutti – da suggestioni d’importazione e criptoideologie cinematografiche. Figli della globalizzazione e dei suoi costumi standardizzati, inseguiamo eroismi lontani su schermi luminosi. Abbiamo allungato talmente lo sguardo da aver ridotto il nostro campo visivo, negandoci i fiori che ci crescono attorno. Eppure viviamo in un territorio dove anche i sassi hanno storie da raccontarci. Dovremmo ascoltarle, anziché spazzare via la loro cenere. Ne parliamo con la guida escursionistica Stefano Erbaggio
E’ impressione diffusa, nell’era in cui tutto è ridotto a periferia di un centro virtuale, che la storia si faccia sempre lontano da noi. Sempre più lontano. E in quest’ottica deviata sembra che i territori, soprattutto le aree interne, abbiano sempre meno da offrire. Se non un “Museo di gente senza storia”, per citare un eloquente spettacolo della “Cooperativa Immaginaria”. Eppure basta guardarsi intorno, giusto poco oltre il proprio naso, per rendersi conto che anche il posto più semplice nasconde segreti straordinari. «Ci sono più cose in cielo e in terra – scriveva Shakespeare – di quante ne possa sognare la filosofia», e anche più di quante ne possa fotografare Google Maps, con i suoi obiettivi invadenti. Peraltro il periodo di scarsa mobilità legato all’emergenza sanitaria può fornire, tra i suoi infiniti mali, qualche nuovo stimolo locale: troppo spesso si è abituati a guardare lontano, a esplorare ciò che è altro da noi, mentre ora ci accorgiamo di ciò che abbiamo dietro l’angolo.
Pensiamo, ad esempio, alla storia di Fra Diavolo, brigante sanfedista che tra le montagne del Sannio e dell’Irpinia ha ingaggiato battaglia con il padre del celeberrimo scrittore Victor Hugo, padre del “Gobbo di Notre Dame”. Al secolo Michele Arcangelo Pezza, nato nel 1771, Fra’ Diavolo proveniva da Itri, nell’attuale provincia di Latina. Fu un brigante e militare al servizio del re Ferdinando IV e diventò celebre per la sua grande tenacia nel partecipare alle insorgenze dei movimenti legittimisti sanfedisti e alle azioni di resistenza contro l’esercito francese che avanzava in Italia. Un voto fatto dalla madre lo obbligò a passare l’infanzia vestito con il saio e così divenne noto come “Fra Michele”, ma di fronte alla sua svogliatezza negli studi un suo insegnante lo avrebbe apostrofato così: «Tu non sei Fra Michele Arcangelo; tu sei Fra Diavolo!». Arruolatosi nell’esercito borbonico per fare ammenda a un duplice omicidio, Fra Diavolo fu in prima linea negli scontri contro l’esercito napoleonico, che conquistò il Regno di Napoli.
Rifiutatosi di cessare le ostilità, divenne il ricercato numero uno del Regno e cominciò una serie di peregrinazioni tra le montagne dell’Abruzzo e del Molise. Il compito di catturare Fra Diavolo fu affidato al colonnello Joseph Léopold Sigisbert Hugo, padre del celebre scrittore Victor Hugo. Ed è proprio dalla penna di Victor Hugo che abbiamo una testimonianza della storia di Fra Diavolo: «Fra Diavolo personificava quel personaggio tipico, che si incontra in tutti i paesi invasi dallo straniero, il brigante-patriota, l’insorto legittimo in lotta contro l’invasore». Il colonnello Joseph Léopold Sigisbert Hugo, di stanza ad Avellino, diede la caccia al brigante per settimane, con alterne fortune e senza riportare un successo definitivo. Nella Valle di Boiano Fra Diavolo respinse con successo l’attacco francese (si narra che morirono 400 francesi e 40 insorti) mentre tra le montagne del Sannio e dell’Irpinia, nell’attuale Parco del Partenio, il guerrigliero ebbe maggiori perdite, rimanendo con soli 50 uomini. Nell’Oasi WWF “Montagna di Sopra” di Pannarano si trovano tuttora i resti del secondo più importante convento della Congregazione Camaldolese dell’Italia seicentesca, dedicato a Santa Maria Incoronata, distrutto proprio perché i frati offrirono ospitalità al fuggiasco legittimista. L’arresto, cui seguì l’impiccagione, avvenne a Baronissi su soffiata di uno speziale: le foreste delle aree interne si erano rivelate ben più idonee alla protezione degli insorti, e le selve irpine decisamente più ospitali.
«Tuttora i Ruderi dell’Incoronata ci raccontano storie di eremitaggio, conoscenza e guerriglia», commenta la guida ambientale escursionistica Stefano Erbaggio, che organizza tour proprio “sulle orme di Fra Diavolo”. E al quale abbiamo fatto qualche domanda.
Da cosa nasce l’idea di ripercorrere le tracce di Fra Diavolo?
STEFANO ERBAGGIO: L’idea di fare questa escursione è nata quando, qualche anno fa, ho visitato per la prima volta il luogo dove si trovava il Santuario dell’Incoronata, nel Parco Regionale del Partenio. È un posto bellissimo: ci sono i ruderi del monastero del sedicesimo secolo, che fu costruito in onore del beato Giulio dai marchesi Carafa nella seconda metà del 1500. Quello che troviamo adesso sono degli archi, delle colonne in pietra, inoltre si riescono a intravedere i resti delle celle: tutto questo nel mezzo della faggeta. È come andare in America latina e vedere i resti di una città maya, solo che sei in provincia di Avellino. Di conseguenza, visto che la guida lavora anche quando va in vacanza, pensai che avrebbe potuto essere interessante per tutti. Fra Diavolo, poi, è stato un personaggio molto particolare, altalenante, amato e odiato. Girava per la campagna assoldando contadini e paesani per combattere la sua causa, scappando anche dal suo stesso esercito. Nel 1806 fu proprio il padre di Victor Hugo che venne incaricato di scovarlo. In quel periodo fra diavolo era un ricercato numero uno e tra i luoghi in cui si rifugiò c’è proprio il santuario dato alle fiamme per questo motivo.
Quali sono i luoghi della tua escursione?
S. E.: I ruderi del santuario si trovano nel Parco, nel comune di Sant’Angelo a Scala. Le vie per arrivarci sono varie, si può partire anche dal paese stesso o prediligere diversi sentieri di montagna per poterci arrivare. Io, ad esempio, sono partito dall’oasi WWF “Montagna di sopra” che in realtà si trova nel comune di Pannarano, che è provincia di Benevento. Questo perché il Parco del Partenio si estende su un’ampia superficie tutta bellissima da visitare. Oltre a questo sito storico, che si trova all’interno del bosco, ci sono anche cascate, panorami che dalla città possiamo solo immaginare. Andare lì e camminare nella faggeta è qualcosa di unico; cambia il rapporto che abbiamo con la montagna e con la natura.
Credi dunque che il nostro territorio sia sottovalutato dal punto di vista naturalistico ed escursionistico?
S.E.: Sì e no. Ci sono degli appassionati che frequentano il Partenio e gli altri percorsi. Sicuramente non è valorizzato come dovrebbe a livello regionale, ci sono sentieri che purtroppo non hanno manutenzione, per esempio dopo eventi atmosferici che li hanno compromessi. Ci sono poi altri sentieri che attraversano proprietà private e non vengono quindi aperti al pubblico, cosa che comporta anche una perdita economica per il territorio, visto che i turisti non possono giungervi.
Riscoprire il nostro territorio è oggi un obiettivo strategico?
S.E.: Certo, dalla natura ai piccoli borghi. Tra l’area urbanizzata e l’ambiente naturale c’è sempre un collegamento, e le persone che abitano in quei luoghi hanno sempre tratto tante risorse dall’ambiente naturale, spesso con il massimo rispetto possibile. Certo ci sono percorsi che si stanno perdendo, assieme ad alcune tradizioni, però possono essere riscoperte con altri tipi di attività e di conseguenza possono continuare a vivere, perché sono un patrimonio essenziale del nostro paese.
Ylenia Giorgione