Studio, preghiera, lavoro nei campi, ma anche arte, musica artigianato: gli antichi monasteri benedettini erano formidabili comunità di autoproduzione. A cui possiamo guardare per svincolarci dai diktat del capitalismo e riappropriarci del nostro tempo
“Ora, Lege et Labora”. Il famosissimo motto benedettino meglio noto semplicemente come “Ora et Labora” sarebbe da tradurre, nella sua versione completa, pressappoco come “Prega, Studia e Lavora”. Il monito, che scandiva la vita di quegli uomini divenuti monaci sotto la guida di San Benedetto, sembra rigido e austero, scandiva la vita all’interno dei monasteri con un’alternanza di preghiera, studi di testi antichi e lavori nei campi.
Sostanzialmente, quegli uomini avevano compreso che la vita è fatta di piccoli gesti umanamente quotidiani e si erano organizzati in una comunità in cui si condivideva il lavoro manuale: oltre a occuparsi dei campi, si faceva arte, musica, artigianato, e anche autoproduzione di cibo e medicinali. In pratica: la piena realizzazione di una comunità di auto-produzione.
Una lezione talmente semplice che appare anacronistica, utopica e pure bacchettona, ma che ci aiuta a mettere a fuoco una delle uniche forme di contrattacco da poter mettere subito in pratica per colpire a livello locale il sistema globale. Spinti dall’interesse e ammaliati dai ninnoli che il sistema capitalistico ci ha spacciato come bisogni indispensabili abbiamo ceduto a logiche sempre più alienanti in tutti i campi del nostro quotidiano: i rapporti umani, il lavoro, la nostra salute e il nostro territorio. I giorni di quarantena sono senz’altro serviti a mostrare senza mezzi termini la fragilità del sistema socio-economico globalizzato impostoci dal capitalismo, assieme alla necessità sempre più imperante di riorganizzare l’intero sistema umano in nuove forme sociali legate a un’economia reale che sia in grado di soddisfare le necessità di ogni suo componente, tutelando al contempo i diritti inalienabili dei singoli individui.
Dall’io-interiore all’autoproduzione di comunità, si può sicuramente ripensare la regola benedettina per ritrovare una dimensione umana nella propria vita intima, recuperando la semplicità dei gesti e i rapporti con gli altri, siano essi familiari, colleghi di lavoro oppure lo sconosciuto seduto sull’autobus. Riappropriarsi della propria unicità e comprendere l’unicità di chi ci circonda permetterà che si agisca per il sentire comune. Ma il primo, fondamentale, passo è ritrovare l’abitudine all’auto-produzione – non solo alimentare – recuperando tecniche di produzione a basso impatto ambientale diversificate e radicate, che garantiscono la sussistenza delle singole comunità.
Vittorio Palmieri