Quest’estate potrebbe essere nel segno di un turismo di prossimità, interiore, sostenibile, decentrato, diffuso, che riduce lo stile consumistico della vita di città e restituisce giustizia ai territori sottovalutati. Cambiando noi stessi. La riflessione di Alessio Masone, “biolibraio” e ambientalista
Oltre alle nostre vite, il virus ha interrotto la turistificazione che trasforma in “non-luoghi” i centri storici, soprattutto più i noti, rubandoli ai residenti e all’esistenza. Si pensi a Venezia, Parigi e a tante altre città da cartolina, trasformate in una sorta di parchi a tema con negozi e locali adatti solo al turismo del fittizio mordi e fuggi (traguardo a cui, tra l’altro, puntano tante città meno “famose” ma che pure ambiscono a “vivere di turismo”). Con la lievitazione del costo della vita e la trasformazione degli immobili in b&b sottratti agli affittuari residenti, è nato infatti il fenomeno della cosidetta gentrificazione, che espelle gli abitanti dal proprio rione di origine. Quest’estate, invece, per paura del contagio, a scapito delle rinomate città d’arte e delle affollate spiagge, si diffonderà il bisogno di un turismo ecovicino, di prossimità, interiore, sostenibile, decentrato, diffuso. Si cercheranno i luoghi meno affollati, riscoprendo quelli più vicini, includendoli e restituendo giustizia ai territori finora sottovalutati.
Meno mare e più montagna? Certo ci si concentrerà meno nelle congestionate mete costiere per distribuirsi nelle aree interne, in quell’Italia interiore spesso dimenticata. Per evitare la folla, ci si orienterà meno sul turismo mordi e fuggi e più sul turismo di permanenza, quello in cui si crea una relazione continuativa tra “viaggiatore” e luogo di adozione. E forse, passata la paura, le persone saranno ormai esercitate a riconoscere l’emozione vacanziera che risiede nel cambiare il contesto, anche spostandosi di un solo chilometro.
Forse, in termini di apprendimento e conoscenza, meno si modifica al nostro sguardo il paesaggio esteriore, più si è incentivati a modificare il paesaggio interiore. Si pensi alla nostalgica abitudine di trascorrere le vacanze nella casa di campagna o nel paesino di origine: ci si può trasformare in esploratori del paesaggio limitrofo percorrendo a piedi o in bici le stradine interpoderali con la stessa curiosità di un viaggiatore intergalattico. Qui, nel contesto rurale, si è spesso a pochi chilometri dalla residenza abituale in città, ma cambia lo stile di vita, la prospettiva, la dimensione interiore: maggiore esperienzialità e minore delega alle zone confort.
In questo turismo interiore si annulla lo stile consumistico della vita di città che invece solitamente ci portiamo appresso quando pratichiamo turismo di massa, ovvero modificando il paesaggio esteriore ma non quello interiore. La vacanza è in noi: i luoghi diversi dal nostro quotidiano sono solo il pretesto per renderla esperienza.
Alessio Masone