Fort Detrick VS Wuhan: nella sfida mediatica tra laboratori di biosicurezza annaspano la comunità scientifica e i sedicenti smaschera-bufale. Ai quali un governo-fake vorrebbe affidare l’unità pubblica anti fake news.
Tra Stati Uniti e Cina è in corso un nuovo ping pong. Stavolta è fatto di accuse reciproche sull’origine del Covid-19. La Cina sostiene che l’abbiano disperso i soldati americani che si trovavano a Wuhan per i Giochi Militari, che si tratti di un’arma batteriologica partita dal laboratorio di Fort Detrick, Maryland. Lo stesso dal quale partí il terrorismo interno a colpi di Antrace, addebitato a Saddam Hussein. Dagli Stati Uniti invece, Trump punta il dito contro la Cina, e persino sulle colonne del giornale di Jeff Bezos (fondatore di Amazon), il Washington Post, si sostiene che c’è stata qualche falla nel laboratorio di Wuhan. Non più il mercato del pesce di Wuhan: ipotesi decaduta. Un errore cinese con conseguente copertura di epidemia e dati statistici.
Poi ci sono scienziati che ritengono che il virus non sia stato ingegnerizzato (tipo Ilaria Capua) e altri (tipo il Nobel Montagnier) che ne avrebbero verificato la manomissione umana, sostenendo si tratti di un raffinato lavoro di biologia molecolare. Altri ancora sostengono che, anche senza ingegnerizzazione, il virus si può raccogliere e disperdere dove si ritiene più conveniente. Poi circola con le sue gambe.
Ora, può essere tutto e il contrario di tutto, e che sia in atto una campagna di propaganda geopolitica volta a delegittimare il nemico (perché Usa e Cina sono nemici, stanno combattendo da anni una guerra fatta di dazi, valute, controllo dei mari, guerre ai paesi alleati – Siria, Iran -, conquista di spazi commerciali, rivoluzioni arancioni).
Può essere tutto, il contrario di tutto e niente. Però c’è una domanda ineludibile: in base a quali elementi probatori, quali inattaccabili prove scientifiche, in base a quali granitiche analisi razionali i sapientoni della Galassia Debunker (i sedicenti “smaschera-bufale”) ironizzano sull’esistenza di “Gomblotti”, tacciando di ridicolo ogni possibile scenario che non sia preventivamente approvato e confezionato dalla comunicazione mainstream?
Ostentando la stessa dogmatica sicumera e gli stessi sillogismi riduttivi dei peggiori complottisti che vorrebbero smontare, questi tipi umani avrebbero forse gridato al “Gomblotto” anche per la Strage di Portella della Ginestra, l’incidente del Tonchino, per Piazza Fontana o la Strage di Bologna, per l’omicidio di Peppino Impastato. Il “Gomblotto” è l’unica certezza dei Debunker. Insieme alle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.
Manfredi Varricchio