Deceduto il gallerista sannita fondatore di GiaMaArt Studio e presidente dell’Asd Polisportiva Vitulano. La comunità lo ricorda anche come animatore del Folk Festival di Vitulano, che “grazie a lui ha ospitato artisti importanti richiamando persone dai luoghi più lontani”. “Un pioniere del contemporaneo nel Sannio”, scrive il prestigioso portale Artribune. Grande il lutto di artisti e critici di tutta Italia
L’occasione di salutare Gianfranco Matarazzo era già fissata: sabato 4 aprile 2015, nella frizzante galleria GiaMaArt Studio, con l’inaugurazione della mostra “faces” di Veridiana Altieri, aperta fino al 31 luglio. Ma l’instancabile gallerista di Vitulano, classe 1973, è morto all’Ospedale Civile di Benevento. Amichevole, sorridente, guidato da intuito e buon gusto nella ricerca e promozione di una giovane pittura d’immagine, Gianfranco ha portato nel Sannio una ventata di fermenti artistici, raccogliendo gli sguardi di artisti emergenti da tutta Italia e contribuendo alla lora diffusione in rassegne nazionali, come nel caso di Arte Accessibile Milano. Rudy Cremonini, Jacopo Casadei, Maurizio Cariati, Gianluca Capozzi, Linda Carrara, Igor Verrilli: sono solo alcuni dei nomi e delle mostre dell’attivissima GiaMaArt. Tanto che, già nel 2009, Matarazzo notava che su cento artisti selezionati per la Quadriennale di Roma ben undici erano passati per il suo spazio.
L’attenzione del gallerista era per un’arte contemporanea ma non cervellotica, figurativa ma non appiattita sulle figure della comunicazione pop. Un’arte piacevole e capace di affrontare con freschezza temi cruciali dell’umano, con incursioni nell’onirico, nell’alchimia e nella storia. L’arte come “documento d’alterità” per fondare il presente nelle radici dei luoghi e dei tempi: “il caos degli avvenimenti, l’ammasso di persone, le urla, il dolore di ogni cambiamento” diventano rappresa rappresentazione, e germe del nuovo. GiaMaArt Studio aveva “l’ambizione di diventare una sorta di piccola Kunsthalle nel cuore del Sannio”. La conviviale progettualità di Gianfranco lascia un piccolo seme nel suo paese natio (da parte delle cui istituzioni il gallerista lamentava talvolta un certo disinteresse), e una scia di affetti che travalica la sua autoctonia.
Tra gli amici critici e artisti c’è chi ricorda “mostre coraggiose e indimenticabili al gelo fatte per amore dell’arte” (Lorenzo Canova), il suo essere “l’uomo di casa, l’artista, il gallerista, il grafico creativo” (Luisa Bergamini), “raffinatamente autentico, amico unico di una pittura che ha saputo amare, difendere e riconoscere come pochi altri” (Angelo Bellobono). “Addio Gianfranco – scrive invece il critico Ivan Quaroni – di te ricorderò sempre la passione e l’impegno che mettevi nel lavoro, il coraggio col quale rischiavi per proporre giovani artisti e i tuoi proverbiali, levantini, ritardi, che mi facevano penare. Sei stato un grande esempio di impegno professionale, sociale e civile. Mi mancheranno le tue inaugurazioni a base di aglianico e tarallucci”.
Alessandro Paolo Lombardo
da Artribune